Montechiarugolo – LE “PRIGIONI” O STANZE SEGRETE

Etimologia e tipologia degli studioli

a cura di Benedetta Grigoli

“le stanze overo abitationi piccole ravian lo ingegno et le grandi lo sviano”

Leonardo da Vinci

All’interno della possente cortina muraria settentrionale, appena sotto i camminamenti di ronda, accessibili tramite una scala in mattoni nascosta da una botola, vi sono due stanze, di piccole dimensioni, una sopra l’altra, collegate da una scala interna.

I due ambienti, di ridotte dimensioni, come testimoniano le numerose iscrizioni parietali, vennero utilizzati nello scorso secolo come prigioni.

Tuttavia, le dimensioni ma soprattutto la conformazione architettonica degli spazi fa supporre ad una vocazione ben più aulica. La presenza di soffitti voltati (volta a botte nella stanza superiore e volta a crociera con unghie in quella inferiore) e di cornici di bordo in stucco perlopiù continue su tutto il perimetro, rimanda a stanze dalla vocazione più raffinata e meno militare.

Poichè la fortezza fu simbolo non solo di potenza militare difensiva ma residenza del Princeps, si potrebbe supporre che codeste stanze abbiano avuto in passato funzione di studiolo e grotta, ambienti presenti nei palazzi signorili rinascimentali, rappresentazione tipica di una cultura del potere che non si basava solo sulla forza fisica ma anche sull’intelletto, esprimendo così la polarità concettuale tra armae et litterae.

Probabilmente ricavate durante la modifica che l’intero manufatto subì agli inizi del 1400 a seguito della conquista di Guido Torelli, primo vero signore di Montechiarugolo, colpisce la disposizione dei due ambienti sovrapposti, caratteristica fino ad oggi riscontrabile negli studioli dei palazzi medicei fiorentini all’inizio del XV secolo e negli appartamenti Isabelliani nel Castello di San Giorgio a Mantova, allestiti a partire dal 1496.

Ad oggi non vi sono documenti che attestino la data di realizzazione dei due ambienti, tuttavia la loro disposizione e conformazione architettonica li attribuirebbe all’evoluzione tardo quattrocentesca degli studioli che da luoghi di ritiro, lettura e contemplazione, diventano anche custodi di oggetti rari e preziosi. Dallo scrittoio di matrice religiosa e monacale, lo studiolo si trasforma dapprima in “camera da studio” poi in luogo riservato per la contemplazione ed infine in “camera dei tesori” ove le gli oggetti rari e preziosi, testimonianza di ricchezza, potere e status sociale, potevano essere conservati ed ammirati dagli ospiti di riguardo.

Come per i camerini Isabelliani a Mantova, potremmo essere in presenza di due ambienti connessi, adibiti a studiolo e grotta, collegati da una scala interna nonostante, ad oggi, non vi siano tracce di decorazioni o fonti archivistiche a conferma di questa tesi.

La posizione, marginale e defilata rispetto agli ambienti più signorili della fortificazione e la presenza di due aperture – una sulla corticella interna e l’altra sul giardino –  confermerebbe la teoria petrarchesca sullo studio, secondo cui il signore poteva trovare ristoro spirituale dalla vista sul panorama senza per questo venire disturbato dal rumore della città. La posizione elevata inoltre conferirebbe maggiore valore simbolico dello studiolo esplicitando l’idea del sovrano saggio che dall’alto guida i destini del suo stato.

Non è da escludersi che, al di là dei tamponamenti murari, possano esistere corridoi di collegamento con gli ambienti di rappresentanza del piano nobile e con il mastio.

“molte altre cose preziose ed artistiche sono state esposte sotto queste volte, cosicchè le si può facilmente chiamare camere d’arte e di tesori”