Tipologie e locazione dagli inventari del 1612-1624
a cura di Massimiliano Righini
Le necessità difensive di Ranuccio Farnese, per consolidare le difese meridionali del ducato, imposero una trasformazione dell’antico insediamento fortificato a presidio militare in grado di attendere alle esigenze difensive contemporanee anche mediante la costruzione di nuove opere. In questa situazione le dotazioni di Montechiarugolo entrarono nella disponibilità dei Farnese che ne disposero per la difesa dello stato, trasferendole anche in parte in altri capisaldi del ducato di Parma e Piacenza. Un documento conservato presso l’Archivio di Stato di Parma, apparentemente di poco posteriore al 1612, attesterebbe il prelievo di diverse armi e materiali dalla piazzaforte di Montechiarugolo.
In esso sono elencati: “12 mortaletti in ferro”, ovvero piccoli mortai impiegati per lo scoppio di fiochi di gioia o per allarmi sonori; e “36 moschetti e 12 archibugi”, armi da fuoco lunghe individuali proprie delle fanterie dell’epoca. I moschetti, più lunghi e pesanti, erano spesso impiegati con una forcella per consentirne un puntamento più agevole e dotati di un meccanismo di accensione a miccia. Gli archibugi, generalmente più leggeri, potevano anche essere dotati di un meccanismo cosiddetto a ruota o a “fuoco morto”. L’inventario prosegue con la descrizione di 33 alabarde “indorate e con franze e inastate”: si tratta di un nucleo di alabarde incise e dorate, con le nappe decorative proprie degli apparati in uso da reparti di guardie del corpo o da soldati a presidio di residenze signorili.
Nella prima metà del ‘500 l’alabarda divenne una delle armi in asta più utilizzate negli scenari bellici europei, ma l’irreversibile e veloce trasformazione delle tecniche militari, portò ad un impiego diverso, e ad una trasformazione dell’arma con forme ingentilite per essere compatibili con l’armamento della guarnigione della rocca in oggetto. Di queste, 12 vennero lasciate in uso alla guarnigione locale. Il documento prosegue con la descrizione di apparati, definiti con l’accezione “all’antica”, afferenti a datate dotazioni rimaste nella “monitione” del fortilizio. In particolare, sono descritti: 5 scudi “di legno all’antica grandi”, probabilmente dei targoni o dei pavesi, 2 archibugi “all’antica”, 24 celate “all’antica”, di difficile identificazione poiché il termine veniva impiegato sia per descrivere gli elmi aperti della seconda metà del XV secolo, sia per elmi chiusi nel secolo successivo; 45 balestroni “all’antica” e una grande quantità di dardi denominati “frizze” in parte dotati di cuspidi in ferro ed in parte no, oltre a due selle, sempre “all’antica e da armare” con pezze difensive sugli arcioni. Nel documento sono descritti anche materiali d’artiglieria come: “un mortero de bronzo”, artiglieria a canna breve adatta a sparare proiettili esplodenti; 114 palle per artiglieria e 100 “balle di marmoree” (marmo o pietra) in uso all’artiglieria medievale fino ai primissimi anni del Cinquecento. Sono elencati anche tre moschetti grossi in ferro, 2 “aspidi”, ovvero pezzi di artiglieria a canna di media lunghezza del calibro generalmente di 12 libbre, prodotti ed impiegati in Italia tra la fine del XV secolo e la metà del XVI. Tra le segnature si legge anche di una artiglieria “petriera” (che sparava proiettili in pietra) ancora posizionata sul suo affusto e che “guarda alla porta della terra”: probabilmente posizionata sulla rocca e puntata in direzione della porta di accesso all’abitato fortificato.
Un nuovo inventario, datato al 14 luglio 1624, descrive le dotazioni del luogo, nel frattempo implementato di nuovi apparati difensivi come il grande rivellino posto a difesa della porta di accesso all’abitato. Il documento, oltre a fornire informazioni sulla tipologia di armi e materiali conservati, descrive con precisione anche gli ambienti, all’interno della rocca, dove essi sono collocati. Al riparo, “sotto la Loggia della Piazza” sono posizionate alcune artiglierie. Si tratta di un cannone, due falconetti e dodici “mortaletti”. Con il termine cannone si identificava all’epoca un pezzo di artiglieria a canna di media lunghezza con un calibro compreso tra 50 e 60 libbre ma è molto più probabile che quello descritto fosse invece un “quarto cannone” del calibro di 15 libbre, calibro questo corrispondente a quello delle palle descritte qualche riga più avanti nell’inventario. I falconetti erano pezzi da campagna a canna lunga, più leggeri rispetto al precedente, ed erano generalmente di calibro compreso tra una e tre libbre.
Sulla “muraglia della rocca” sono posizionate due “aspidi”, 9 moschetti “di bronzo” da cavalletto, che, di calibro maggiore, erano impiegati per il tiro a lunga distanza, oltre a 32 moschetti di bronzo. Sotto la “porta del corpo di guardia” è descritta una artiglieria “petriera” mentre nell’armeria sono conservati: 20 moschetti, 12 archibugi, 45 alabarde “indorate e con la franza verde” ed altre armi in asta, di cui non è precisato il numero (ronconi e partigiane, compreso un “spiedo all’antica”). Sono riportati materiali già presenti nel precedente inventario: scudi, 45 balestroni con 49 case di “frizze”, archibugi, 24 celate e due selle, tutte “all’antica”. Non manca il riferimento ad un certo numero di pesi di piombo per la fabbricazione di proiettili (per un peso complessivo di circa 230 kg). Sempre nell’armeria sono descritte due armature “una da gigante ed una da putto”. Si trattava probabilmente di insiemi difensivi impiegati da un uomo di grandi dimensioni, che esercitava un ruolo significativo di comando, ed una armatura da ragazzo che si avviava alla carriera delle armi e fin da fanciullo veniva dotato di armamenti difensivi consoni al suo rango. Nella “monitione da basso” presso la loggia dove sono posizionate le artiglierie, sono annotate 100 palle da 15 libbre e 200 palle da falconetto di cui non è precisato il calibro. Nel “granaro” sopra la grotta” sono invece conservate 100 palle di “marmo”, 200 pesi di farina (circa 1600 Kg), 8 pesi di zolfo e le catene da ponte levatoio già descritte dopo il 1612: sei “di ferro grosse” e una “piccola per ponticella”. Nella “camera” del Molinazzo” sono accatastati 10 passi di legna (circa 10 metri cubi) mentre la polvere da sparo è invece conservata nella “monitione da guerra” vicino al “Salone Grande”. Qui si trovano 9 pesi di polvere grossa (circa 70 Kg), suddivisa in due barili, e 43 pesi di polvere fine conservata in altri sei barili. La polvere grossa era impiegata per l’artiglieria mentre quella fine serviva a caricare le armi da fuoco portatili: moschetti, archibugi, etc.
L’inventario del 1624 si conclude con la citazione di oltre 2000 “balle di marmoro” di diversi calibri disseminate “sulle muraglie della Rocca”. Queste, probabilmente in uso con artiglierie più antiche, sono state lasciate sui camminamenti per poter essere impiegate in ultimo tentativo di utilizzo della difesa piombante.

Fig. 1: Pezzo d’artiglieria a canna lunga raffigurato nel trattato “Dell’esercito d’artiglieria nella quale si tratta dell’invenzione di essa…” scritto da Alessandro Capobianco alla fine del Cinquecento.

Fig. 2: Alabarde incise e dorate. Italia del nord, 1570-1590. Castel Beseno, Besenello, TN.

Fig. 3. Armatura di gigante Bartlmä Bon of Riva affiancata ad armature per ragazzi. Castello di Ambras presso Innsbruck.

Fig. 4. Moschettiere. Incisione di Jacob de Gheijn. Paesi Bassi, 1608.

Fig. 5. Balestra grossa. Venezia, fine del XV secolo, inizio del XVI secolo. Venezia, Armeria del Consiglio dei Dieci.

Fig. 6. Selezione di verrettoni del XVI secolo.